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Governatore Alberto Azzolini   

Presidente Ermanno Ruozzi    

Discorso Apertura anno rotariano 2014-2015

Vorrei cominciare la mia annata con un’immagine che mi ha colpito, un’immagine presente in un tweet di John Hewko, Segretario Generale della Rotary Foundation:
In uno scalo merci una gru prende in carico dei grandi containers con il simbolo del Rotary. Si tratta di containers diretti in Pakistan.containerrotary Cosa c’è in questi containers? Perché in Pakistan?
Questa immagine ci può aiutare a rispondere ad una domanda che dobbiamo porci con grande franchezza: Cos’è che ci rende orgogliosi di essere rotariani?
La grande pubblicità che il Rotary ha fatto sui media con le immagini e gli slogan ad effetto? Le cene, forse troppe, che facciamo? Le tante foto? Le “contesse” che invitiamo agli eventi? Oppure c’è qualcosa di più profondo? Spesso parliamo di valori rotariani con troppa retorica, come se fossero dei valori innati, calati dall’alto. E allora quale risposta dare alla prima domanda?
Ci aiuta la lettura di un grande scrittore della letteratura mondiale: Alessandro Manzoni. Cosa c’entra il Manzoni con il Rotary? Nei Promessi Sposi Manzoni ci offre due esempi dell’agire umano: Don Abbondio è il primo. Che è l’opposto dell’essere rotariano! “Il nostro Abbondio – dice il Manzoni - non nobile, non ricco, coraggioso ancor meno, s'era dunque accorto, d'essere, in quella società, come un vaso di terra cotta, costretto a viaggiar in compagnia di molti vasi di ferro”.
Per Leonardo Sciascia Don Abbondio è l’emblema dell’interesse particolare, del tornaconto del singolo che prevale sull’interesse generale, è l’emblema “delle coscienze che si acquietano”.
Manzoni delinea anche la figura di Fra Cristoforo, il frate “con la spada”. Quello che non si piega ai potenti, che non ha paura dei vari Don Rodrigo. Che non si arrende né finge di non vedere i problemi. Ecco il rotariano modello: perché è l’agire che ci dà sostanza. E’ l’opera di ogni giorno che ci legittima e che legittima il nostro essere rotariani.
Un amico rotariano mi ha inviato le presentazioni della conferenza mondiale che si è tenuta, alcuni giorni fa, a Ginevra sulla lotta alla polio: erano presenti le più importanti realtà coinvolte in questa “titanica battaglia”. Sappiamo che il Rotary International è tra i protagonisti del progetto " Polio Plus", iniziato trent’ anni fa su un’idea, sul sogno di un italiano, Sergio Mulitsch di Palmenberg e del suo Rotary Club Treviglio e Pianura Bergamasca. Sergio Mulitsch aveva i caratteri dell’italiano testardo e
visionario, una specie di nuovo frate Cristoforo. Solo un italiano poteva pensare ad un progetto così immenso, così temerario, ma così grande e importante. Sergio Mulitsch riuscì a far comprendere a tutto il Rotary l’importanza strategica del progetto. Nel 1979 nella Convention di Roma, venne lanciato il grandioso Programma “3 H” (Health, Hunger, Humanity) destinato a “migliorare le condizioni di salute, a combattere la fame, a incrementare il progresso umano e sociale”. Nel 1980 il Rotary Club di Treviglio si impegnava ad organizzare la vaccinazione antipoliomielite nelle Filippine, nazione particolarmente colpita dalla malattia. Il rotariano Sergio Mulitsch (che fu anche Governatore Distrettuale 1984-1985) portò avanti, tra mille difficoltà questo progetto così ampio “che impose la nostra Italia all’ammirazione del mondo”. Nel 1982 tutti e sette i Distretti italiani sostennero la campagna di vaccinazione denominata “Operazione Marocco”. Il Rotary International nel 1985 annunciava il Progetto “Polio Plus” con il coraggioso obiettivo dell’eradicazione della Polio dal mondo. Sergio Mulitsch era riuscito a far diventare il progetto della lotta alla poliomielite la punta di orgoglio dell’essere rotariani, una ratio essendi del Rotary stesso.
Ma Sergio Mulitsch aveva avuto un’altra grande intuizione: per realizzare progetti così grandi occorreva trovare delle alleanze, coinvolgere più soggetti. Costruire ponti tra realtà diverse. Fare network. Per questo nel progetto di completare la vaccinazione contro la poliomielite per tutti i bambini a livello globale furono coinvolte l'Organizzazione Mondiale della Sanità, l’'Unicef e il Centers for Disease Control and Prevention.
Il contributo finanziario del Rotary International all'iniziativa ha superato il miliardo di dollari statunitensi già nel 2012. La Bill e Melinda Gates Foundation ha donato negli ultimi anni alla Rotary Foundation 355
milioni di dollari americani a favore del progetto Polio Plus. Al contempo La Rotary Foundation nel 2011 si è impegnata allo stesso modo a raccogliere altri 200 milioni di dollari vincendo la sfida. Un grande risultato è stato raggiunto proprio nel 2011: l'India, paese endemico, non ha registrato, per la prima volta nella storia, nessun caso di poliomielite, portando al 99,00% il risultato della eradicazione della malattia dal globo. Ad oggi permangono, tuttavi,a difficoltà ad attuare la missione in alcuni Paesi che presentano notevoli problemi di sicurezza, come Nigeria, Pakistan, Afghanistan, in questo ultimo Paese, sono stati uccisi dai talebani nell’ottobre 2012 dei volontari del Rotary. La lotta alla polio, pertanto, è come la lotta contro un muro di gomma, se si lascia il campo si rischia di riaprire nuovi focolai: si stanno ripresentando casi in Siria ed in Iraq. Il rischio che la polio si riaffacci sul bacino mediterraneo è molto forte. Occorre ancora l’impegno e il coraggio di tanti nuovi … frati Cristoforo.
Vorrei improntare la nostra prossima annata rotariana nel segno dell’arte e della cultura, nella consapevolezza che il nostro Paese può evitare una triste decadenza ed uscire dalla profonda crisi economica (e morale) di questi anni solo valorizzando il nostro immenso patrimonio artistico e culturale e, soprattutto, ritrovando l’orgoglio e la fiducia nel proprio avvenire. Siamo circondati da una immensa “grande bellezza”. Riprendo e sottolineo queste riflessioni di Renzo Piano:
“Come fa l'Italia a guardare lontano senza la cultura, la nostra vera forza?…Una cultura non nozionistica ma vera, fatta di ricerca, conoscenza, sapere e curiosità... Noi italiani siamo come dei nani sulle spalle di un gigante, tutti. E il gigante è la cultura, una cultura
antica che ci ha regalato la capacità di cogliere la complessità delle cose. Si tratta di un capitale enorme che va conservato e alimentato”.
Quale Rinascita? Ci si chiedeva ad un convegno del FAI nello scorso maggio ad Ivrea. Il Rotary non può essere una torre d’avorio, un mondo chiuso. Non può non interrogarsi sulla ripartenza del nostro Paese. Il Rotary deve essere protagonista di una nuova Rinascita italiana.
Nella grande ed inestimabile bellezza del nostro Paese, in quella enorme ricchezza che rimane imponente perfino nei momenti di difficoltà, occorre considerare anche il patrimonio dei nostri distretti industriali: quel ricco e fecondo crogiuolo di conoscenze, di capacità tecniche, di legami sociali. In quel connubio così fervido e florido - in particolare nel modello emiliano - tra impresa e territorio, tra impresa e comunità, risiede un bagaglio inestimabile di valori. Per questo la manifattura emiliana fa parte della “grande bellezza” italiana. L’Emilia è terra di impresa, di grande successi imprenditoriali, di eccellenze del Made in Italy. Nell’annata che mi accingo a cominciare vi sarà un viaggio nelle eccellenze della Via Emilia, dei distretti industriali della nostra terra. Il Rotary deve essere vicino a chi ha saputo costruire successo e benessere partendo da una piccola officina e da un laboratorio artigiano.
Quando parliamo di territorio non vuol dire limitarci a scegliere un ristorante in un posto piuttosto che un altro. Ma riprendere e valorizzare quello che in questo territorio vi è stato di più grande. Pensiamo a Scandiano, Correggio, Rubiera: città dalle corti rinascimentali, città dei principati. Non sembri un’esagerazione ma quando qui vi era la civiltà del Rinascimento, in
gran parte dell’Europa vi erano ancora le capanne… E quindi come non pensare a Mattero Maria Boairdo, al sublime Allegri detto il Correggio, all’immenso Ludovico Ariosto? Il viaggio di questa annata segnerà una riscoperta del nostro territorio. Per questo vorrei parlarVi di uno dei figli più illustri delle nostre terre, di uno di quei protagonisti di cui essere orgogliosi e fieri, uno di quegli esempi sempre vivi. Mi riferisco ad Antonio Panizzi, grande patriota ed intellettuale. Siamo di fronte ad un gigante della storia. Panizzi, avvocato, studioso, uomo libero, fu costretto nel 1822 ad andar via dal Ducato di Modena e Reggio, esule e senza soldi. Il regime estense e gli austriaci lo condannarono a morte. Arrivò in Inghilterra e fu accolto da Ugo Foscolo. Insegnò italiano all'University College di Londra. Dal 1831 iniziò a collaborare con la biblioteca del British Museum: dove fece un folgorante carriera e ne divenne nel 1856 il direttore generale. Il British Museum era l’istituzione culturale più importante dell’Inghilterra e del suo Impero. Era il simbolo della potenza inglese: se un italiano riusciva a diventarne il Direttore della Biblioteca voleva dire che aveva doti di assoluta eccellenza. Panizzi rivoluzionò la biblioteca e la fece diventare la più importante al mondo. Fu, nello stesso tempo, intellettuale e patriota, profondo “tessitore di tele” e di relazioni (da Cavour a Mazzini e a Garibaldi). La sua grande cultura incuteva rispetto e ammirazione, parlava da “pari a pari” con i primi ministri inglesi Lord Palmerston e Lord Gladstone. Fu grazie alla sua opera, alla sua sottile diplomazia, alla sua visione strategica che la causa del Risorgimento italiano ebbe successo. Dall’alto del suo prestigio intellettuale - cultura e patriottismo andavano di pari passo nella sua vita – fu ambasciatore dell’Italia nel mondo e uno dei grandi registi del nostro progetto risorgimentale. Si può considerare l’emblema del successo del genio italiano,
di chi costruisce da solo la propria fortuna, di chi riesce ad emergere anche in condizioni difficilissime. Di chi non dimentica mai, nonostante i successi, le sue radici e la sua nazione: la sua Emilia, il suo Dante, il suo amato Ludovico Ariosto e la grande letteratura italiana lo accompagnarono sempre nei suoi studi. Panizzi è l’emblema di chi crede nella potenza della cultura, una potenza che piega le tirannie.
Riprendo una frase di Adriano Olivetti, imprenditore e intellettuale: “Noi crediamo profondamente alla virtù rivoluzionaria della cultura che dà all’uomo il suo vero potere e la sua vera espressione”.
Dobbiamo sentirci profondamente orgogliosi di essere italiani. Non per retorica ma perché questo Paese ha dato un contributo immenso alla storia dell’umanità, al cammino della civiltà. Non ci sarebbe l’Occidente senza l’Italia. Non ci sarebbe stato neanche il progresso scientifico. Questo orgoglio e questa consapevolezza dobbiamo portarla con noi nel Rotary.
Non abbiamo bisogno di slogan preconfezionati: dobbiamo diventare noi, con il nostro agire, la luce che accende il Rotary.
Concludo con una grande lezione del Macchiavelli:
occorre “fare come li arcieri prudenti; a’ quali, parendo el loco dove disegnono ferire troppo lontano, e conoscendo fino a quando va la virtù del loro arco, pongono la mira assai più alta che il loco destinato, non per aggiungere con la loro freccia a tanta altezza, ma per potere con lo aiuto di sì alta mira pervenire al disegno loro”.
Questa “mira alta” di cui parlava il Machiavelli ci deve guidare nel nostro agire rotariano.
Buon Rotary a tutti.

Giovanni Fracasso

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