Il giorno 7/03 u.s. abbiamo avuto l'enorme piacere ed onore di ospitare presso il nostro Club l'Avv. Giancarlo Tarquini, che ha rivestito il ruolo di Procuratore della Repubblica fino al 29/11/2010 allorchè, a domanda, dopo 43 anni di servizio, è stato
collocato a riposo con il titolo di Procuratore Generale Aggiunto Emerito della Corte di Cassazione, equiparato al titolo di Presidente Aggiunto Emerito della Corte di Cassazione.
Attualmente, oltre a svolgere in modo brillante la professione di avvocato penalista, è Presidente della Sezione locale dell'Unione Giuristi Cattolici Italiani nonché Presidente f.f. della Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Emilia.
Nel pensare a come potere introdurre un personaggio di un tale spessore, mi sono ricordata di un libro – che vi consiglio – dal titolo “Difesa degli avvocati scritta da un pubblico accusatore” di Paolo Borgna (magistrato). In esso, una frase, tra le tante, mi è piaciuto citare, ossia la metafora secondo cui “magistrati e avvocati sono da sempre come quelle vecchie coppie di coniugi che mal si sopportano ma che sono assolutamente incapaci di vivere l'uno senza l'altro. Ciò in quanto, rappresentano momenti distinti della funzione di rendere giustizia e portano il loro contributo da posizioni e con ruoli che non devono essere confusi, ma restano inseparabili”. Ho domandato al nostro insigne ospite cosa ne pensasse al riguardo e lui ci ha spiegato come nel processo le due figure di magistrato ed avvocato siano ugualmente indispensabili, come non si possa prescindere dal ruolo della difesa, al pari di quello del giudice – ivi compresa la figura del pubblico ministero – al fine di garantire l'equità dell'intero iter processuale e della conseguente sentenza. Ha poi aggiunto che si può definire un bravo difensore colui che riesce a fare ottenere la giusta pena al proprio assistito in rapporto alla gravità del fatto commesso, allorchè ne abbia certezza.
Ho quindi chiesto all'Avv. Tarquini il suo parere in merito al suggerimento formulato da Piero Calamandrei secondo cui “Bisognerebbe che ogni avvocato per due mesi all'anno facesse il giudice e che ogni giudice per due mesi all'anno facesse l'avvocato. Imparerebbero così a comprendersi, compatirsi e reciprocamene si stimerebbero di più”. Lui, come è ovvio che fosse, ci ha parlato della sua esperienza personale, di come avere svolto la funzione di magistrato per tanti anni, gli sia servito per riuscire ora a rivestire con il massimo scrupolo e sulla scorta dell'esperienza accumulata, i panni di chi di solito era abituato a vedere come contraddittore processuale.
Ci ha però confessato che la sua formazione è prevalentemente quella del giudice, ciò in ragione del fatto che tale ruolo lo ha visto impegnato per la maggior parte della sua vita.
Sono seguite le domande dei presenti, tante anzi tantissime.
Tra me e me mi veniva quasi da sorridere, trovando un po' paradossale che proprio chi, per tanto tempo, è stato Pubblica Accusa ed in quanto tale, abituato a farle le domande, si trovasse ora letteralmente “bersagliato” da un fuoco di domande, alcune delle quali anche intenzionalmente provocatorie, dei soci del Club.
Gli è stato chiesto se fosse giusto vedere scendere in politica dei magistrati, considerato che i magistrati dovrebbero rappresentare l'emblema dell'imparzialità e non esprimere ideologie di natura politica nè esserne influenzati nel giudicare. La risposta è stata che i giudici, come tutti, sono uomini con il pieno diritto di fare politica, una volta presentate le dimissioni.
Gli è stato domandato il motivo per cui, quando un medico sbaglia paga davanti alla legge per l'errore commesso, mentre quando sbaglia un magistrato difficilmente risponde dei propri errori, La risposta è stata che il Ministero della Giustizia, allorchè condannato, potrebbe rivalersi sul singolo Giudice..ma ciò difficilmente succede. Ciò in quanto si vuole evitare che un magistrato, per paura di essere sottoposto ad eventuale giudizio, sia condizionato o frenato nel proprio agire.
Si è poi parlato di casi eclatanti risolti dal Procuratore Tarquini, come il delitto Gatti o quello di una madre che uccise il figlioletto. Si è discusso della capacità intuitiva di un bravo Procuratore e del ruolo che attualmente rivestono nell'indagine le prove scientifiche.
Taquini ci ha anche descritto la modifica subita dal codice di procedura penale, da come era formulato in passato a come è formulato oggi.
Insomma è stata una serata ricca di cultura giuridica anzitutto, ma anche umana e professionale in genere.
Nel congedarci dal relatore, ringraziandolo per avere fatto scorrere il tempo così velocemente senza che ce ne accorgessimo, tanto è stato grande il piacere di ascoltarlo, ci siamo ripromessi di organizzare un'altra serata, magari in Interclub, per continuare da dove ci siamo lasciati...avendo il nostro ospite tanti argomenti su cui intrattenerci.
Un ringraziamento particolare va ovviamente a lui e a chi oltre ai soci ha partecipato a questa splendida serata: il Prof. Badini, Cesare Bellentani, Luciano Fantuzzi del Club Rotary di Reggio Emilia, l'amica Francesca Tarquini, il dott. Giambattista Camurri e Maioli Giancarlo.
Cristina

Attualmente, oltre a svolgere in modo brillante la professione di avvocato penalista, è Presidente della Sezione locale dell'Unione Giuristi Cattolici Italiani nonché Presidente f.f. della Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Emilia.
Nel pensare a come potere introdurre un personaggio di un tale spessore, mi sono ricordata di un libro – che vi consiglio – dal titolo “Difesa degli avvocati scritta da un pubblico accusatore” di Paolo Borgna (magistrato). In esso, una frase, tra le tante, mi è piaciuto citare, ossia la metafora secondo cui “magistrati e avvocati sono da sempre come quelle vecchie coppie di coniugi che mal si sopportano ma che sono assolutamente incapaci di vivere l'uno senza l'altro. Ciò in quanto, rappresentano momenti distinti della funzione di rendere giustizia e portano il loro contributo da posizioni e con ruoli che non devono essere confusi, ma restano inseparabili”. Ho domandato al nostro insigne ospite cosa ne pensasse al riguardo e lui ci ha spiegato come nel processo le due figure di magistrato ed avvocato siano ugualmente indispensabili, come non si possa prescindere dal ruolo della difesa, al pari di quello del giudice – ivi compresa la figura del pubblico ministero – al fine di garantire l'equità dell'intero iter processuale e della conseguente sentenza. Ha poi aggiunto che si può definire un bravo difensore colui che riesce a fare ottenere la giusta pena al proprio assistito in rapporto alla gravità del fatto commesso, allorchè ne abbia certezza.
Ho quindi chiesto all'Avv. Tarquini il suo parere in merito al suggerimento formulato da Piero Calamandrei secondo cui “Bisognerebbe che ogni avvocato per due mesi all'anno facesse il giudice e che ogni giudice per due mesi all'anno facesse l'avvocato. Imparerebbero così a comprendersi, compatirsi e reciprocamene si stimerebbero di più”. Lui, come è ovvio che fosse, ci ha parlato della sua esperienza personale, di come avere svolto la funzione di magistrato per tanti anni, gli sia servito per riuscire ora a rivestire con il massimo scrupolo e sulla scorta dell'esperienza accumulata, i panni di chi di solito era abituato a vedere come contraddittore processuale.
Ci ha però confessato che la sua formazione è prevalentemente quella del giudice, ciò in ragione del fatto che tale ruolo lo ha visto impegnato per la maggior parte della sua vita.
Sono seguite le domande dei presenti, tante anzi tantissime.
Tra me e me mi veniva quasi da sorridere, trovando un po' paradossale che proprio chi, per tanto tempo, è stato Pubblica Accusa ed in quanto tale, abituato a farle le domande, si trovasse ora letteralmente “bersagliato” da un fuoco di domande, alcune delle quali anche intenzionalmente provocatorie, dei soci del Club.
Gli è stato chiesto se fosse giusto vedere scendere in politica dei magistrati, considerato che i magistrati dovrebbero rappresentare l'emblema dell'imparzialità e non esprimere ideologie di natura politica nè esserne influenzati nel giudicare. La risposta è stata che i giudici, come tutti, sono uomini con il pieno diritto di fare politica, una volta presentate le dimissioni.
Gli è stato domandato il motivo per cui, quando un medico sbaglia paga davanti alla legge per l'errore commesso, mentre quando sbaglia un magistrato difficilmente risponde dei propri errori, La risposta è stata che il Ministero della Giustizia, allorchè condannato, potrebbe rivalersi sul singolo Giudice..ma ciò difficilmente succede. Ciò in quanto si vuole evitare che un magistrato, per paura di essere sottoposto ad eventuale giudizio, sia condizionato o frenato nel proprio agire.
Si è poi parlato di casi eclatanti risolti dal Procuratore Tarquini, come il delitto Gatti o quello di una madre che uccise il figlioletto. Si è discusso della capacità intuitiva di un bravo Procuratore e del ruolo che attualmente rivestono nell'indagine le prove scientifiche.
Taquini ci ha anche descritto la modifica subita dal codice di procedura penale, da come era formulato in passato a come è formulato oggi.
Insomma è stata una serata ricca di cultura giuridica anzitutto, ma anche umana e professionale in genere.
Nel congedarci dal relatore, ringraziandolo per avere fatto scorrere il tempo così velocemente senza che ce ne accorgessimo, tanto è stato grande il piacere di ascoltarlo, ci siamo ripromessi di organizzare un'altra serata, magari in Interclub, per continuare da dove ci siamo lasciati...avendo il nostro ospite tanti argomenti su cui intrattenerci.
Un ringraziamento particolare va ovviamente a lui e a chi oltre ai soci ha partecipato a questa splendida serata: il Prof. Badini, Cesare Bellentani, Luciano Fantuzzi del Club Rotary di Reggio Emilia, l'amica Francesca Tarquini, il dott. Giambattista Camurri e Maioli Giancarlo.
Cristina